giovedì 26 maggio 2011

Piccolo ma attualissimo pezzo della sentenza del Tribunale di Adria che ha condannato nel 2006 Enel per le emissioni oleose


[…] Si dirà più avanti del senso di solitudine che provavano i cittadini del Delta, a causa principalmente dell’atteggiamento di chiusura di ENEL che negava ogni responsabilità e rifiutava di informare esaurientemente gli interessati.

Ma per quello che è emerso nel processo, neppure il comportamento degli enti e organismi pubblici ha corrisposto ai bisogni dei cittadini, che non hanno trovato - nei comuni e

negli altri enti - istituzioni in grado di confrontarsi alla pari con ENEL, troppa essendo la sproporzione per disponibilità finanziaria, peso economico, influenza politica.

In sostanza è risultato chiaramente che le dimensioni della società ENEL rispetto ai piccoli paesi della zona erano (e sono ancora come è emerso al processo) tali da influire anche sul normale funzionamento delle istituzioni, dimostratesi non in grado di esercitare le funzioni di controllo, prevenzione, vigilanza, indirizzo rispetto ad una realtà troppo più grande di loro.

E’ emblematico il caso di Porto Tolle. Anche quando il Comune ha ipotizzato azioni di controllo sulle emissioni della Centrale, le difficoltà finanziarie sono state così rilevanti che si è chiesto a ENEL di intervenire a finanziare i progetti di controllo su se stesso, con il risultato che nulla venne fatto: è successo così con la dislocazione della centraline e l’indagine epidemiologica, dai costi troppo rilevanti per potere essere affrontati dal Comune.

Inoltre ENEL finanziava direttamente o indirettamente a seguito di accordi con le istituzioni la creazione di infrastrutture, eventi culturali e altro. Dunque diventa molto difficile per le amministrazioni di piccoli paesi rinunciare a questi proventi, altrimenti non conseguibili, e di importo rilevante per realtà così modeste.

Quello che vale per Porto Tolle vale anche per i comuni limitrofi e per la Provincia. E’ innegabile che la necessità di tutelare una fonte di lavoro così importante, che ne fa uno dei siti produttivi più importanti della provincia, non può lasciare indifferenti gli amministratori. Certamente e in un certo senso comprensibilmente vi era nei confronti degli interessi di un colosso come ENEL maggiore attenzione, per favorire la permanenza delle possibilità occupazionali.

Succede dunque che coloro che a livello politico-istituzionale avrebbero la responsabilità di attivare o sollecitare i controlli e di porsi come controparti dell’azienda, in realtà cercano di mediare senza contrapporsi. […]

Nel caso di Porto Tolle vi sono anche alcune particolarità, perché nel comune che è sede della Centrale molti dei rappresentanti comunali erano e sono dipendenti della Centrale stessa. E’ emerso ad esempio che il marito del sindaco Broggio, che aveva la delega ai rapporti con ENEL, era dipendente di quella società mentre la moglie era in carica. Ma il sindaco era anche presidente della commissione di controllo su ENEL fra il 2000 e il 2002: ebbene, nonostante tutto quello che avvenne e che è stato descritto nel processo, in questa Commissione non si parlò in quei due anni delle ricadute oleose.

Dei testi dipendenti di ENEL sentiti nel processo più di uno era consigliere o assessore, e innegabilmente nell’esercizio della funzione pubblica questa qualità non poteva essere indifferente. Ad esempio Padoan, caposezione nell’impianto di Polesine Camerini, era assessore ai lavori pubblici e pur ricevendo segnalazioni di ricadute oleose “preferiva” non recarsi sul posto (forse avvertendo un qualche conflitto di interessi?). Beniamino Pavanati era assessore ma dipendente ENEL, e come sindacalista guardava alla salute dei lavoratori ma anche al mantenimento dell’occupazione.

Non fa parte dell’oggetto del processo accertare le inefficienze amministrative o gli effetti di certe scelte politiche, ma nel corso dell’istruzione dibattimentale sono emersi fatti (mancati controlli, verifiche poco attendibili etc) non attribuibili a ENEL ma addebitabili a scelte politico-amministrative ed inefficienze operative di strutture pubbliche e istituzioni: e questo è rilevante perché tali inefficienze e scelte provengono in alcuni casi dagli stessi soggetti che si sono costituiti parte civile. Neppure gli organismi tecnici, per quello che è emerso nel processo, hanno garantito pienamente i cittadini: e non solo e non sempre per le carenze di personale, attrezzature, fondi etc. Basti pensare all’episodio in cui in un rapporto di prova del 10.5.2000 la “Stazione sperimentale per i combustibili” trova che l’olio utilizzato in quel momento dalla Centrale non corrisponde come dichiarato alla tipologia BTZ, ma vi si trovano notevoli impurità e una anomala presenza di zinco che “potrebbe essere indice di aggiunta di olio lubrificante esausto”. ARPAV riceve la segnalazione e, avendo premura di chiarire di non essere competente, si limita a informarne non altri enti “competenti”, ma lo stesso ENEL: e la cosa finisce lì. Una parte civile ha parlato di “sudditanza degli organismi di controllo, ma non solo, anche del mondo politico, di quello scientifico, del mondo accademico e del mondo professionale”. Si tratta di una valutazione che non ha riscontri se non parziali nel processo: ma certo alcuni fatti, già più compiutamente esposti, possono venire qui richiamati.

• ARPAV delegava di fatto alcuni controlli delle emissioni al sistema di controllo interno gestito da ENEL, neppure provvedendo a tarare annualmente gli strumenti della Centrale, perché gli strumenti venivano tarati da tecnici dell’ENEL con la strumentazione dell’ENEL alla presenza di personale Arpav.

• da tempo si era ipotizzata l’inidoneità della dislocazione delle centraline, ma nessuno ha formalmente richiesto una verifica del posizionamento risalente addirittura a prima che la Centrale entrasse in funzione.

• il comune di Porto Tolle non ha mai richiesto formalmente a ENEL di rispettare la normativa regionale.

• l’indagine epidemiologica sulla popolazione del Delta avviata in occasione della costruzione della Centrale venne interrotta, subito dopo l’avvio dell’impianto, senza una spiegazione chiara e plausibile.

per anni l’U.L.S. di Adria non è stata iscritta al registro regionale dei tumori, impedendo qualsiasi possibilità di un serio studio statistico ed epidemiologico sullo stato di salute della popolazione.

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