venerdì 11 novembre 2011

MONTI PERICOLOSI

Oramai ci siamo, domani domenica 13 novembre, si deciderà a chi spetterà il compito di presiedere il governo che si appresta a nascere con lo scopo dichiarato di trarre al di fuori l’Italia dal baratro della bancarotta. Il nome che da alcuni giorni viene sbandierato dai media e dai maggiori partiti politici complici di questa crisi (per responsabilità dirette nella gestione dell’economia, o indirette per non aver saputo organizzare una vera opposizione in tutti questi anni) è quello dell’economista Mario Monti. Un tecnico quindi, non un politico, e per di più un tecnico della peggior specie dato che proviene da prestigiosi incarichi ricoperti in istituzioni finanziarie dirette responsabili dell’attuale crisi finanziaria e del debito (vedi Goldman Sachs) e da inquietanti club esclusivi, nei quali le personalità più influenti del pianeta si riuniscono per prendere in modo totalmente antidemocratico decisioni che avranno poi conseguenze sull’intera economia mondiale.

In pratica le banche e le lobby finanziarie che hanno provocato questa crisi sono state in grado: in primis di mettere in crisi diversi governi dell’Europa,tramite la speculazione e le società di rating, e secondariamente a piazzarci ai vertici dei loro uomini, conseguenza: sia la Grecia che l’Italia saranno governati da banchieri la cui premura sarà solamente quella di salvaguardare i loro veri datori di lavoro e non i cittadini degli Stati che si apprestano a governare.

Ma vediamo solo alcune delle più probabili mosse del prossimo presidente del Consiglio Mario Monti. Alcuni opinionisti e giornalisti affermano che tra i primi provvedimenti ci sarà l’ennesima riforma delle pensioni accompagnata forse ad una patrimoniale in modo tale, dicono, da non scontentare troppo né il centro-destra né il centro-sinistra che dovranno sostenere in Parlamento il nuovo esecutivo. Inoltre si richiede ai lavoratori tutto questo in nome di un “patto generazionale”, ovverosia assicurano che le risorse che si ricaveranno dall’allungamento dell’età lavorativa verranno impiegate per effettuare investimenti orientati alla creazione di posti di lavoro per le nuove generazioni.

Ma questo tipo di ragionamento è totalmente fuorviante e mistificatore di due realtà di fatto, ovvero che la patrimoniale si applica per un anno o al massimo per 2 o 3, mentre la riforma delle pensioni è permanente. Quindi i ricchi pagheranno solo per un anno se gli va bene, tre, se gli va male, mentre i lavoratori pagheranno per tutta la loro vita e pagheranno i loro figli. In secondo luogo sappiamo bene che molto difficilmente tutte le risorse che si ricaveranno dall’allungamento dell’età lavorativa verranno realmente impiegate per i giovani, ma molto probabilmente saranno utilizzate anche per coprire i buchi di bilancio o per altre destinazioni. Inoltre è veramente un’offesa all’intelligenza dei lavoratori chiedere questo sacrificio ai padri in nome dei figli, infatti siamo ben consapevoli di come il mercato del lavoro sia bloccato. Come si può pensare di sbloccarlo facendo lavorare per ulteriori anni chi, dopo aver lavorato una vita, invece dovrebbe poter andare in pensione lasciando ad un altro il suo posto di lavoro? Per di più è risaputo che molte fabbriche quando un lavoratore inizia ad avvicinarsi ai 55 60 anni non vedono l’ora di dargli il benservito, e questi lavoratori che saranno lasciati a casa come potranno trovare un nuovo impiego a quell’età? Rimarranno quindi senza stipendio e senza la possibilità di accedere alla pensione fino ai 67 o 70 anni.

Le altre ricette per “risolvere” la crisi del debito italiano saranno tutte di stampo neoliberista, la stessa filosofia economica che domina da 30 anni (dai tempi di Reagan e Tatcher) e che ci ha gettato in questo baratro. Si parla dunque di privatizzazione dei servizi pubblici locali (infischiandosi completamente della volontà della popolazione italiana che solo alcuni mesi fa si è espressa su dei referendum importanti), di liberalizzazione dei licenziamenti rendendo la vita dei lavoratori ancora più precaria e ricattabile. Ma tutto queste cose le analizzeremo con più calma nelle prossime settimane.

Lascia poi basiti l’atteggiamento del maggiore partito di opposizione (?) il quale non solo nel corso di questi ultimi tre anni si è lasciato sfuggire numerose occasioni per mandare a casa Berlusconi e che ha approvato senza batter un solo colpo la manovra economica di agosto (sempre nell’interesse del Paese a quanto detto a titolo giustificativo), ma che ora nel momento di maggiore debolezza e sofferenza della putrida classe politica che ci ha governato finora, non è in grado di proporre una politica alternativa e di chiedere a gran voce le elezioni com’è giusto che sia. Non credo che sia la paura di perdere le eventuali elezioni a guidare le mosse del PD, ma bensì la consapevolezza di non essere in grado di attuare un progetto di società alternativo al neoliberismo in quanto troppo legato a potenti lobby economico-finanziarie. Anche gli strali lanciati da Di Pietro contro il governo Monti sono durati ben poco, dopo essere stato colpito dal fuoco di fila dei suoi “alleati” del PD e dei suoi media (La Repubblica e l’Unità). Il centrosinistra parlamentare si appresta così a sostenere un dittatore, araldo delle banche statunitensi e della tecnocrazia europea, che non possiede alcuna legittimazione democratica e che si appresta a far pagare la crisi a chi ha già pagato abbondantemente. Tutto ciò non è tollerabile.

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