lunedì 12 aprile 2010

RU486 (Pillola abortiva): C’è bisogno d’INFORMAZIONE non di PROPAGANDA

Riportiamo un estratto dell’articolo scritto dall’Ass. alle Pari Opportunità del Comune di Rovigo Bruna Giovanna Pineda visto che la stampa locale non ne ha praticamente parlato e vista l’importanza del tema.


Dal 2005 al 2008 sono stati 26 gli ospedali italiani che hanno importato la Ru486. Fino ad oggi è stata somministrata a 4 mila donne. Ma il sistema dell'importazione era scomodo e non poteva rispondere a tutte le richieste. Infatti alcune donne andavano in Francia e in Svizzera per sottoporsi all’interruzione di gravidanza farmacologica.

Prima della legge 194 si stimava avvenissero in Italia 350 mila aborti clandestini l’anno. Quando nel ‘78 venne varata, il legislatore s’era posto due obiettivi: abbattere il ricorso all’aborto clandestino ed evitare che l’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) divenisse un sistema di controllo delle nascite. Secondo i dati presentati ogni anno dai ministri della Salute, dal 1982 ad oggi, il numero di aborti si è ridotto del 43%, quelli clandestini del 94% e l’ivg non è mai divenuta un sistema di controllo delle nascite. Grazie alla 194 ed agli sforzi dei consultori per diffondere le conoscenze sui contraccettivi, gli aborti si sono dimezzati. Dal 1978 ad oggi si sono evitati 3 milioni e 300 mila aborti e le donne non ne muoiono più.

Gli aborti legali in Italia sono stati 121.406 nel 2008, il 4,1% in meno rispetto al 2007 con 126.562 casi e il 48,3% in meno rispetto al 1982, anno in cui si verificò il dato più alto (234.801 casi); questo è segno che la legge 194 funziona.

La situazione in Veneto - Per le donne venete la richiesta di una ivg è comunque un calvario. Secondo i dati del Ministero della Salute, il Veneto è: 1) al secondo posto in Italia per percentuale di ginecologi obiettori, ovvero l’80%); 2) al primo nella graduatoria delle ivg praticate dopo la 12ª settimana, a causa dei tempi di attesa delle strutture preposte; 3) la regione con i tempi di attesa più lunghi tra la richiesta di intervento della donna ed il momento in cui lo ottiene: il 34% delle donne attende più di 3 settimane; 4) tra le regioni con i tempi di ricovero più lunghi per l’intervento; 5) nessuna delle sue numerose strutture private convenzionate pratica ivg; 6) costringe il 13,2% delle residenti a rivolgersi a strutture esterne alla regione. Il tutto si traduce in un aumento di sofferenza per le donne, mentre l’ allungamento dei tempi di ricovero e l’esecuzione di interventi fuori regione determinano un aumento di spesa per la regione stessa.

L'unica vera medicina contro l'aborto è la prevenzione e l'educazione: fare educazione alla sessualità nelle scuole, parlare di contraccezione con le donne che hanno bambini piccoli, con quelle che chiedono o si sono sottoposte ad una ivg. Dalla Commissione pari opportunità del Comune di Rovigo sappiamo che dietro ogni ivg c’è il fallimento di un tentativo di contraccezione che, nonostante le speranze, non ha funzionato.

Diffondere la cultura della procreazione consapevole tramite i consultori è stata l’azione più efficace contro il ricorso all’ivg. Evidentemente, dovrebbero essere maggiormente sviluppati i servizi sociali preposti all’intervento di prevenzione e educazione alla contraccezione in particolar modo in quelle regioni in cui il tasso d’immigrazione è più elevato. I servizi pubblici forniti dai consultori familiari sono stati invece sottoposti a revisione e ridimensionamento nel 2007. La regione Veneto, ad esempio, avrebbe più di altre regioni bisogno di potenziare questo servizio, in realtà ha un tasso di 0,6 consultori ogni 20.000 abitanti (Italia 0,7; Piemonte 0,8; Lombardia 0,5; Liguria 1,1; Emilia 1,1; Toscana 1,1).

Non dimentichiamo poi la forzatura fatta dalla Regione nel cercare di mettere nei consultori pubblici i volontari antiabortisti, e tutti i soldi che ogni anno la stessa regione Veneto elargisce ai consultori privati. Sappiamo ormai, e la 194 ce ne ha dato le prove con dati oggettivi, che non è una questione di ordine pubblico o di proibizionismo, ma di educazione e di un più facile accesso ai servizi, quando questi naturalmente esistono.

Quindi riflettiamo bene prima di fare certe affermazioni che magari sono di facili consensi, ma che distorcono completamente la realtà.

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