mercoledì 22 dicembre 2010
SOLIDARIETA' AI MAGISTRATI
sabato 18 dicembre 2010
Carolina Kostner ci fai un baffo...!
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venerdì 19 novembre 2010
ENTE PARCO: la regione cala la maschera...
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mercoledì 10 novembre 2010
LA REGIONE TAGLIA PER LA DIFESA DI PORTO TOLLE (e Rosolina)
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mercoledì 3 novembre 2010
ALITALIA: cornuti e mazziati...
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sabato 23 ottobre 2010
TUTTA LA VERITA' SULL' ENTE PARCO DEL DELTA DEL PO
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mercoledì 22 settembre 2010
ZAIA annuncia nuovi tagli agli ospedali - Ma intanto crescono i trasferimenti ai privati
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Ci risiamo. Si è insediata da poco, eppure la Giunta Zaia sta già iniziando a pieno ritmo a far danni. O meglio, continua il lavoro fatto fin qui dalla Giunta Galan. È di oggi l’annuncio del nuovo piano sanitario sociosanitario che la Regione sta predisponendo. Il succo è semplice: meno ricoveri e meno posti letto! Come se finora se ne fossero tagliati pochi! Ne sanno qualcosa gli ospedali di Adria, Rovigo e, ancor più di Trecenta. Chi invece, di tagli ne ha visti pochi o nessuno, sono le solite strutture private, ma su questo tornerò poi.
Ecco i numeri del nuovo piano: portare i posti letto da 4,5 per mille abitanti a 3,8 (-15,6%) e i ricoveri da 160 per mille abitanti a 130/140 (circa il 20% in meno). Non solo, ma siccome si anticipa che i tagli saranno meno pesanti per le eccellenze di Verona (patria di Tosi e di tanti imprenditori privati della sanità) e per Padova, i tagli graveranno principalmente sulle province periferiche, tra cui il solito Polesine (che peraltro ha una popolazione mediamente più anziana). Per cui, cari concittadini, vedete di ammalarvi di meno o, se proprio volete ammalarvi, fatevi curare privatamente!
Il motivo è semplice: la spesa sanitaria in Veneto aumenta del 4% circa ogni anno, mentre i trasferimenti statali solo del 2%. Ben lungi dal criticare i colleghi che stanno a Roma ladrona, Zaia dichiara che “i tagli si faranno”. Altro che “paroni a casa nostra”!
Ma i “paroni” in Veneto ci sono eccome! Sono i signorotti della sanità privata. Per loro la crisi non è mai arrivata e ho l’impressione che anche questa nuova ondata di tagli lascerà inalterati i bilanci di certe strutture private. Perché se la spesa sanitaria in Veneto aumenta vertiginosamente, non è mica perché aumentino i servizi nelle strutture pubbliche, anzi, sappiamo tutti come sono messe. Invece balza agli occhi l’aumento vertiginoso e continuo delle spese per i privati negli ultimi 10 anni, più che quadruplicate! Pochi giorni fa una statistica mostrava come la nostra provincia sia quella con il maggior aumento di imprese private in campo sanitario: +16.2% in un anno. Tante grazie, con entrate certe e in continuo aumento, lo farei anch’io l’imprenditore della sanità!
Se questo non bastasse, solo nell’ultimo anno sono uscite nuove questioni che avrebbero dovuto suscitare un vero e proprio moto di sdegno nell’opinione pubblica:
- nella sua relazione sull’ULSS 18, il direttore generale Marcolongo dichiara che si potrebbero risparmiare 14 milioni di euro l’anno di trasferimenti ai privati facendo svolgere le stesse prestazioni alle strutture pubbliche esistenti;
- la Corte dei Conti dispone il sequestro di una parte della Casa di Cura privata di S. Maria Maddalena, indagata per truffa ai danni della Regione per 3 milioni di euro;
- l’Agenzia delle Entrate scopre un’evasione fiscale di circa 700.000 euro da parte di uno dei più importanti imprenditori sanitari della nostra provincia attraverso un giro di fatture false.
Non è che, anziché tagliare i posti letto e i ricoveri si dovrebbe vedere di ridurre gli sprechi in questo settore?
E non è che questo non avviene perché le campagne elettorali costano e certi “sponsor” aiutano a pagarle?
Ecco alcuni dubbi su cui potremmo tutti riflettere per aiutarci a far passare i mesi in attesa di una visita o di un ricovero.
domenica 29 agosto 2010
ROVIGO, la provincia da punire...
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mercoledì 21 luglio 2010
LA POLTRONITE ACUTA DELLA LEGA NORD
venerdì 18 giugno 2010
giovedì 3 giugno 2010
YESH GVUL: C'E' UN LIMITE.
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Non ci sono neppure le parole, per CONDANNARE come merita UNO STATO CHE DECIDE a sangue freddo, per di più in acque internazionali, DI MASSACRARE UN CONVOGLIO UMANITARIO.
La Federazione della Sinistra CONDANNA LE ASSURDE POSIZIONI DI ALCUNI GIORNALI ITALIANI ED ESPONENTI DEL GOVERNO. Riteniamo inaccetabili affermazioni quali:
“particolarmente grato al governo israeliano per la collaborazione offerta”
Franco Frattini – Ministro degli Esteri
o
“Israele ha fatto bene a sparare”
Il Giornale – 1/06/2010
o ancora
“Possiamo discutere sulla reazione israeliana ma pensare che tutto avvenisse senza una reazione di una qualche natura era una dilettantesca interpretazione di chi ha provocato questa vicenda(ndr Ovvero i Pacifisti".
Alfredo Mantica - Sottosegretario agli Esteri
La Federazione della Sinistra promuove e partecipa alle iniziative di lutto e di protesta che le organizzazioni pacifiste stanno organizzando in queste ore in tutta Italia e piange le vittime di questa ennesima barbarie.
“Yesh Gvul”: “C'é un limite”. E’ il nome di uno dei più antichi movimenti pacifisti israeliani. Lo Stato di Israele ha da tempo deciso di oltrepassarne tanti limiti, quelli imposti dalle leggi internazionali, dettati dalla morale, dall'etica e dall'umanità.
Ancora una volta, come abbiamo sempre fatto di fronte alla occupazione, all’assedio di Gaza, alla distruzione delle case, alle chiusure delle scuole, alla costruzione degli insediamenti, alle incarcerazioni dei minori, chiediamo alla politica nazionale, all’Europa, alle istituzioni internazionali di fare il proprio dovere e di imporre il rispetto del diritto e della legalità anche ad Israele.
venerdì 28 maggio 2010
Resoconto dal Consiglio dell'Ente Parco
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sabato 22 maggio 2010
RIPRENDIAMOCI L'ACQUA
Nel corso del suo intelligente e vivace internveno Petrella ha esposto le tappe che ci hanno condotto oggi a dover lottare per la riconquista di beni pubblici fondamentali come l'acqua, che rischiano di cadere in mano a multinazionali senza scrupoli.
Lo smantellamento del welfare state a cui stiamo assistendo ormai da quasi due decenni riposa in ultima istanza nella voracità del capitalismo che ha rialzato la testa e si è detto pronto a riprendendersi le conquiste sociali ottenute dalle lotte dei nostri padri. Dopo aver messo le mani su importanti settori della nostra società come l'educazione e la sanità, si è concentrato sull'acqua, un bene che nel futuro promette di divenire sempre più raro e prezioso e quindi remunerativo dal suo punto di vista. Per giustificare la sua ascesa il capitale gioca col significato delle parole: l'acqua è un bene pubblico? ma certo! però le tubazioni no! L'acqua è un diritto? Sicuramente, però ha un costo. Non tutti possono permettersela? Facciamogliela pagare un po' meno, però ha sempre un costo.
Tutto ciò rende i suoi usufruitori dei meri consumatori. Nella società capitalista-consumista tutto ha un costo, non esiste il diritto. La logica dell'arricchimento personale ha prevalso da tempo su quella della ricchezza collettiva. Infrastruttute essenziali come gli acquedotti, le tubazioni ecc. vogliono farli passare come dei costi, ma in realtà rappresentano la nostra ricchezza comune. Questa distorta logica, come ha ricordato Petrella, sembra aver aperto un'ampia breccia anche nel PD che durante l'ultimo governo Prodi spingeva con Bersani e Lanzillotta per l'affidamento a dei gestori privati di ogni servizio pubblico locale.
Ma, come diceva Petrella, è mai possibile che un cittadino si debba sentire in collera perchè attraverso la fiscalità pubblica viene gestito l'erogazione del servizio idrico e al contrario gli va più che bene che i carri-armati vengano costruiti con i soldi pubblici? La fiscalità ha una funzione fondamentale, quella di redistribuire il reddito, se essa viene ridotta al minimo significherà che aumenteranno le disuguaglianze.
Purtroppo viviamo in un tale stato di condizionamento che difficilmente filtrano all'opinione pubblica notizie importanti: per esempio penso che pochi sappiano che l'Italia è proprietaria di gran parte dell'acqua del Cile. Si perchè dovete sapere che la Costituzione cilena annovera l'acqua tra i beni che possono esser privatizzati. Il 92% dell'acqua cilena (laghi, fiumi, ecc.) è privata, e l'82% di questa è controllata da Endesa che è a sua volta di proprietà Enel, di cui lo Stato italiano possiede il 33% delle azioni.
Di fronte agli interrogazioni del Parlamento Europeo, la Commissione Europea non ha esitato a dichiarare che considera l'acqua un mero bene economico, leggermente diverso dagli altri ma pur sempre un bene economico.
Questo bene secondo la vigente legge italiana deve rendere almeno il 7% di profitto, percentuale questa che rispecchia la media dei guadagni privati in tutti gli altri settori.
Petrella ha concluso il suo intervento dichiarando che la battaglia sull'acqua bene pubblico è solo il primo passo per la riconquista di quello che è stato tolto alla società in termini di ricchezza collettiva. Dobbiamo riconquistare la sanità, l'educazione e la finanza pubblica. E' incredibile pensare che con tutte le banche operanti sul nostro territorio, in questo periodo di crisi economica quasi nessuna di loro eroghi il servizio per le quali sono nate: il credito. E' essenziale nazionalizzare gli istituti finanziari per affrontare la crisi.
La sfida dell'acqua sarà il banco di prova ove forgiare una risposta politica e culturale alla mercificazione di tutto l'esistente portata avanti dal capitale. La straordinaria partecipazione vista finora davanti ai banchetti per la raccolta firme è un indice di come la popolazione italiana possideda ancora gli anticorpi per reagire. Dobbiamo però spendere le nostre forze per supportare la battaglia referendaria, dalla raccolta delle firme fino al momento decisivo del pronunciamento vero e proprio. Impegnamoci dunque tutti a tenere alta l'attenzione su questo importante tema! Buon lavoro a tutti!
lunedì 3 maggio 2010
Lacrime e Sangue per la Grecia
Ma ancora peggio se la passano i lavoratori greci, che si trovano sotto la graticola dei diktat di una comunità internazionale che con spregiudicato cinismo l'ha prima di tutto condotta sull'orlo del baratro e poi l'ha spinta giù favorendo la speculazione. E' vero che i conti pubblici greci sono stati falsati per anni (il debito veniva occultato posticipando il suo rimborso nel futuro attraverso sofisticate operazioni finanziarie), ma non bisogna dimenticare che ciò è stato possibile solo grazie alla deregulation portata dal vento neo-liberista e alla consulenza delle banche americane, le quali sembra che abbiano aiutato a truccare i conti anche di altri Paesi europei, tra i quali il nostro. Per di più ciò è accaduto col beneplacido delle istituzioni economiche e finanziarie europee, le quali nonostante sospettassero la reale situazione dei bilanci statali greci non sono assolutamente intervenute con dei controlli e nemmeno con richieste di chiarimento.
Ora alla Grecia viene accordato un prestito, ma questo non è fondato sulla solidarietà, esso si basa bensì sull'egoismo derivante dalla paura delle elites economiche che un possibile default greco possa provocare un effetto domino coinvolgendo diversi Stati europei tra cui l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna e l'Italia, affondando così anche la moneta unica.
La Germania in queste settimane ha giocato un ruolo fondamentale nel massacro greco, infatti solo per ragioni elettorali ha ritardato il più possibile il suo via libera agli aiuti lasciano la Grecia in balia degli speculatori. La stessa Germania è stata in prima linea nel chiedere che i lavoratori greci versino lacrime e sangue per concedere gli aiuti, proprio quando solo pochi anni fa la stessa Germania aveva imposto l'allentamento dei parametri di Maastricht proprio perchè li aveva sforati.
A fronte dei 110 miliardi di euro in 3 anni di prestito (elargito da FMI con una quota di 30 miliardi e dall'UE con 80) le condizioni imposte alla culla della filosofia occidentale si traddurranno principalmente in un taglio, per i lavoratori della pubblica amministrazione, di pensioni e stipendi, l'incremento dell'età pensionabile, l'aumento del 10% del prezzo di carburanti, sigarette ed alcolici e di un incremento dell'IVA di 2 punti percentuali (dal 21 al 23%).
Il tutto suona un po' come una beffa in quanto a fronte dei circa 15 miliardi di euro di evasione fiscale, i lavoratori pubblici sono proprio coloro che non possono materialmente evadere le imposte.
E' alquanto improbabile che attraverso simili tagli la Grecia sia in grado di rilanciare l'economia e di ripagare tra qualche anno i prestiti (ad un tasso del 5%), anzi probabilmente la compressione dei consumi che ne deriverà strozzerà ogni possibile crescita economica. La Grecia dovrebbe crescere di almeno il 3% per riuscire a ripagare gli interessi. C'è il rischio quindi che con una tale politica il default venga soltanto "rimandato" di qualche anno.
Di fronte alla crisi greca ed alla crisi capitalista più in generale l'Europa non può continuare su questa strada fatta di egoismi nazionali (soprattutto da parte degli Stati di maggior peso economico). Occorre invece un'Unione Europea politicamente forte, screva da individualismi e da particolarismi, che sappia nuovamente progettare un futuro a medio-lungo termine salvaguardando le grandi conquiste in campo sociale, che piano piano stanno andando perse, e imponendo la primazia dell'economia reale su quella finanziaria.
Di fronte a questo i comunisti di tutta europa non possono restare inerti, devono invece lavorare insieme, uniti da una visione internazionalista e solidarista: solo l'unione dei lavoratori ci può portare ad un nuovo modello di sviluppo evitando la guerra tra poveri.
Lavoratori di tutta Europa Unitevi!
domenica 25 aprile 2010
TARIFFE RETROATTIVE: LA SENTENZA NON CANCELLA L’INGIUSTIZIA
La recente sentenza del Consiglio di Stato sulla vicenda delle tariffe retroattive dell’acqua potabile rappresenta senz’altro un elemento di forte delusione non solo per chi aveva presentato il ricorso, ma per tutti i polesani.
Polesine Servizi canta vittoria, perché non dovrà restituire 3,2 milioni prelevati indebitamente dai cittadini del Polesine, ma il segnale che emerge complessivamente è tutt’altro che positivo. Per un semplice vizio di forma, infatti, migliaia di famiglie e di aziende si vedono negata la restituzione di quanto pagato sulla base di una delibera illegittima nella sostanza.
Perché deve essere chiaro che il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del TAR per un mero vizio di forma: un ritardo sui termini di presentazione del ricorso (e, su questo, penso si dovrebbero rivedere le normative, perché come si può pretendere che i cittadini ricorrano contro una delibera venendone a conoscenza dal BUR o dall’albo pretorio?). Sul merito, insomma, hanno ragione i ricorrenti e chi, come noi, ha sempre sostenuto che non si possono aumentare retroattivamente le tariffe.
Di fronte a questo qual è l’atteggiamento della politica polesana? In buona parte si limita a gongolare per il risultato della sentenza che non la costringerà a trovare altre strane alchimie per recuperare i soldi che avrebbe dovuto restituire agli utenti. Senza contare che la sostanza di questa vicenda parla di un’ingiustizia di fondo nei confronti dei cittadini, che fa seguito a una perdurante cattiva gestione. E il fatto che sia un’azienda pubblica di proprietà dei Comuni a compiere questa ingiustizia non aiuta certo la politica a guadagnare credibilità agli occhi dei cittadini, né contribuisce a favore della gestione pubblica dei servizi locali, già profondamente minacciata da provvedimenti legislativi e da altre questioni locali.
Ecco allora che forse la politica, anziché limitarsi a gongolare, dovrebbe pensare a come restituire comunque ai cittadini almeno una parte del maltolto, oltre che, ovviamente, preoccuparsi in maniera seria e decisa di come recuperare in maniera seria efficienza e qualità del servizio e risolvere quelle questioni che minacciano la gestione pubblica del servizio (liquidando, insomma, l’anomalia SODEA-SAGIDEP).
Lancio allora una proposta, che forse può contribuire a far recuperare un minimo di credibilità e fiducia alla politica: si usino i soldi che avrebbero dovuto essere restituiti ai cittadini per estendere le agevolazioni tariffarie alle famiglie in difficoltà. A fine dello scorso anno, infatti, l’ATO ha deciso di istituire alcune agevolazioni tariffarie, che però, oltre ad essere estremamente limitate come entità (si parla di 20 mc/anno per persona) interessano una fascia molto limitata di cittadini: famiglie numerose o nuclei familiari con un ISEE molto basso. La nostra proposta è quella di estendere tali agevolazioni innalzando il limite ISEE ed aumentarne l’entità, almeno per le categorie più deboli.
Ovviamente questo non servirebbe né a compensare, né a giustificare la scorrettezza fatta tre anni fa, ma almeno si darebbe un aiuto concreto alle famiglie colpite dalla crisi e, forse, la politica tornerebbe ad essere percepita come “utile”.
Lorenzo Feltrin
Segretario provinciale PRC
Portavoce Federazione della Sinistra
lunedì 19 aprile 2010
I 14 MILIONI DI EURO SPRECATI NELLA SANITA’ POLESANA
• 7000 borse lavoro da 2000 euro per far lavorare per 2/3 mesi persone particolarmente disagiate dal punto di vista socio-economico. Un modo per fronteggiare senza assistenzialismo passivo anche le povertà estreme.
oppure
• Migliaia di bonus famiglia per pagare le bollette e per sostegni economici necessari a superare l’attuale crisi economica.
oppure
• Assumere 350 nuovi dipendenti per la sanità pubblica dell’Asl 18. Questo fatto indubbiamente la renderebbe più efficiente e meno dispoendiosa per la gente.
oppure
• Assumere i circa 200 dipendenti che mancano dalla pianta organica dell’Asl 18, più alcune decine di disabili polesani.
ed infine
• Pagare l’integrazioni di retta, al posto dei famigliari, per le persone non autosufficienti ricoverate in casa di riposo (e anche quelle dei malati psichiatrici gravi e gravissimi ricoverati in strutture a media-alta intensità).
Invece decine di milioni di euro, in questi anni, sono servite e servono, secondo quanto affermato dal direttore generale dell’Asl 18 di Rovigo, per acquistare servizi sanitari da cliniche e ambulatori privati, che potrebbero essere erogati grazie alle proprie risorse, dalle strutture pubbliche.
E’ da anni che evidenzio pubblicamente questo problema, ma quasi nessuno ha preso in considerazione le mie tesi. Oggi che queste cose, chissà perché e con anni di ritardo, vengono rese pubbliche anche dal direttore generale dell’Asl 18, Dr. Marcolongo, spero che alcune istituzioni addette al controllo, rispondano a domande come queste:
Tutto questo è avvenuto per incapacità o per scelta? Se è avvenuto per scelta, chi è responsabile di tale programmazione: gli Assessori Regionali alla sanità, la Direzione dell’Asl 18 o altri?
Perché, sapendo di poter risparmiare decine di milioni di euro, nessuno di quelli che potevano farlo ha fermato questo, chiamiamolo eufemisticamente, ingiustificato flusso di denaro pubblico verso gestori privati?
Chi ci ha guadagnato da queste operazioni: solo i gestori privati o anche altri soggetti? Insomma un bel rebus da chiarire per una comunità come quella polesana che con 14 milioni di euro non sprecati potrebbe fare tante cose. E sia ben chiaro che, visto che esistono, non è che chiedo la chiusura delle strutture private utili all’eraogazione di servizi sanitari pubblici. Chiedo però che eroghino servizi che le strutture pubbliche non riescono a dare alla gente. Chiedo ad esempio, che non si cedano al privato servizi come la fisioterapia che potrebbero essere svolti dal gestore pubblico a prezzi molto più convenienti.
Perché alla fine paga la gente con le proprie tasse, con spese per visite private, con costi aggiuntivi per far accudire i propri cari ricoverati in ospedale da persone che suppliscono alla carenza di personale, ecc…
E questo lo dico anche se la maggioranza della gente alla fine, seppur informata, comunque vota proprio i maggiori responsabili di questa situazione (LEGA e PDL) che nel Veneto li penalizzano proprio nel campo della sanità.
Insomma, nonostante tutto, lavoriamo anche per chi, meriterebbe sentirsi dire: “Chi è causa del suo mal, peste lo colga!”
venerdì 16 aprile 2010
Finalmente un Polesine produttivo e contro gli sprechi: AROMABAG
In un mondo fatto di consumismo sfrenato, di acquisti inutili e inseguimento all’indumento più fashion, da noi si sperimenta l’AromaBag, una borsa prodotta riciclando i sacchetti del caffè.
AromaBag è la storia personale di un sacchetto di caffè. Un giorno, dopo aver donato i suoi chicchi ad una macchina per l’espresso, decise di non gettarsi. Non si sentiva un rifiuto. Voleva continuare a vivere. Nello scaffale del bar dove sostava aspettando di essere svuotato ammirava con occhi lucidi le avventrici portare quegli strani contenitori colorati gelosamente sempre con loro, riempiendoli di mille oggetti. Sotto braccio. E sognava….Non si sentiva esteticamente inferiore a quei bei tessuti o a quel liscio pellame. Era convinto del contrario. Di avere una marcia in più. Così decise. Sarebbe diventato una borsa. Con un inconfondibile aroma di caffè…
La prima AromaBag nasce nella primavera del 2007, ideata da un ragazzo polesano, di ritorno da un viaggio tra la Spagna e il Portogallo. Stava riflettendo su una borsa appena acquistata da un compagno di viaggio nel centro di Salamanca. Una borsa bellissima, resistente e “metropolitana”. Proprio come piacevano a lui. Aveva un difetto solo... costava! Mentre uno studente squattrinato, ovviamente non poteva permettersela. Pochi giorni dopo il rientro in Italia, decise di crearsi una borsa tutta sua, originale e allo stesso tempo ecologica. Una settimana più tardi, mentre prendeva il caffè al Bar dell’Università lo colpì il design del sacchetto del caffè che la barista versava nella macchina per l’espresso. In quel preciso momento Aroma Bag nacque, e pian piano cominciò a svilupparsi, migliorarsi e diffondersi.
Quello di Aroma Bag rimane tuttora un progetto sperimentale, anche se in via di sviluppo; potete già trovare queste borse in alcuni negozi in giro per l’Italia, ma soprattutto potete prenotarvene una direttamente dal giovane produttore.
giovedì 15 aprile 2010
15 APRILE EQUAL PAY DAY ..ovvero borse rosse in tutt’Europa..a nome della parità di retribuzione
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Da questa constatazione, nel 2008 l'associazione BPW-Germany , Business Professional Women, ha introdotto in Europa l'Equal Pay Day , una giornata per ricordare questo divario e come la parità retributiva sia ancora un traguardo piuttosto lontano.
Nel 2009 l'Equal Pay Day dalla Germania è atterrato in tutti i paesi europei il 15 aprile, ecco perché oggi le donne usciranno in strada con qualcosa di rosso: un vestito, una sciarpa, un cappello una borsa,lo stesso colore del loro portafoglio.
Per chiedere che le loro retribuzioni siano uguali a quelle degli uomini, come lo prevede anche in Italia la nostra Costituzione, e vengano rimossi gli ostacoli che fanno la differenza.
Ancora oggi le donne guadagnano il 19% in meno degli uomini - e non perché producono meno sul lavoro, ma perché per lo stesso lavoro sono retribuite meno, perché spesso lavorano a tempo parziale,sono concentrate in occupazioni e posti di lavoro meno valorizzati, perché lavorano in settori con stipendi più bassi, perché lavorano in aziende di dimensioni più piccole, perché le loro opportunità di carriera sono ridotte a causa del capitolo famiglia.
Le donne sono più esposte alle conseguenze negative di tali scelte in materia di retribuzione, di evoluzione della carriera e di diritti al pensionamento; questo fatto comporta anche il rischio di povertà, uno svantaggio per le donne e al contempo uno svantaggio per l'economia.
Gli studi scientifici e i dibattiti sulla giornata mondiale della donna non bastano per cambiare la situazione. Bisogna discutere il tema apertamente in pubblico, sensibilizzare la popolazione sulla tematica delle pari opportunità anche nelle retribuzioni.
Presso la sala consiliare della Provincia di Rovigo si è tenuta una Conferenza, grazie all’iniziativa della commissione provinciale pari opportunità e dell’assessore e del consigliere provinciale alle pari opportunità, che ha avuto come sfondo due temi principali: l’applicazione della “Carta Europea per l’uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale” e la situazione del lavoro femminile nella Provincia.
lunedì 12 aprile 2010
Solidarietà ad Emergency
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RU486 (Pillola abortiva): C’è bisogno d’INFORMAZIONE non di PROPAGANDA
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In Veneto se sfidi la Casta perdi.....
Qualche mese fa il consiglio regionale si è occupato ad approvare la legge finanziaria; legge dalla quale dipendono finanziamenti pubblici e tassazioni per l’intero anno.
Ci troviamo come ben tutti sanno in un momento di profonda crisi economica dove la diffidenza verso il mondo politico ha raggiunto picchi elevatissimi fra la società civile.
In uno scenario così duro, si susseguono da tempo i valzer della Lega Nord e del PdL nell’addossare la colpa a Roma-ladrona, rivendicando un Veneto libero da vincoli statali, con autonomia fiscale e quindi federalismo.
Ma passare dalle parole ai fatti è molto difficile.
Il consigliere Regionale uscente dei Comunisti Italiani – Federazione delle Sinistra, ha portato in consiglio un emendamento alla legge finanziaria per sganciare le indennità dei consiglieri regionali a quelle dei parlamentari di Roma. Con la proposta di Atalmi, si impegnava quindi la giunta, ad inizio legislatura ed in modo assai trasparente, a determinare stipendi e indennità.
E’ giusto spiegare che un consigliere veneto oggi riceve circa 9.000 euro mensili a cui si aggiungono le varie indennità ed i rimborsi spese. La proposta del consigliere mirava a diminuire tale indennità a 5000 euro mensili, con le eventuali maggiorazioni per presidente, vicepresidente assessori ecc. “A chi sostiene che la mia proposta fosse pura demagogia”-sostiene Atalmi-“ rispondo che si tratta pur sempre di 5000 euro, che non sono affatto pochi e permettono sia di vivere più che dignitosamente, sia di sostenere i costi legati all’attività politica”. Infine si faceva notare come i pur alti stipendi dei consiglieri non giustificassero certo le faraoniche spese che taluni consiglieri/assessori regionali sostengono per essere rieletti, dimostrando che i costi della politica non sono sempre trasparenti e democratici.
Bene, con PdL e Lega Nord che parlano sempre di costi della politica alti, di Roma ladrona e di Veneto autonomo le premesse erano buonissime. Peccato che in maniera assai compatta il partito di Marangon e della Coppola, e la Lega di Zaia e Contiero abbiano affossato l’emendamento senza nemmeno discuterlo, evidentemente perché non trovavano giustificazioni valide a questo loro assurdo comportamento.
Il progetto è stato affondato con 25 voti contrari, 5 astensioni e solo 13 voti favorevoli.
Abbiamo quindi capito che la politica della Lega Nord è solo ed esclusivamente pura demagogia: per ogni evento è pronta a trovare un capro espiatorio al di fuori della padania, siano extracomunitari, “terroni” o politici di Roma; tuttavia quando ha la possibilità concreta di differenziarsi dal resto del Paese si mimetizza nalla casta e nei suoi privilegi.
Ci chiediamo infine se l'assessore Coppola, occupaai a presenziare a qualsiasi attività pur di pubblicizzare la sua rielezione, farà menzione di quanto è accaduto e ci spiegherà, essendo essa stessa consigliera regionale, come mai abbia affondato la diminuzione dei costi della Casta Padana...
Perché noi sinceramente non ce ne capacitiamo….
VATICANO SpA
Riporto dal libro Vaticano spa, una breve cronologia di alcuni fatti successi qualche anno fa:
1958: Il governo italiano di Leone introduce la tassazione sui dividendi della Chiesa, Papa Paolo VI dispone il trasferimento dei capitali all'estero affidandoli ad un vescovo ed un laico, rispettivamente mons. Marcinkus e Michele Sindona, banchiere che recicla il denaro di cosa nostra;
1960/69: Crescita smisurata di Sindona che compra molte banche tra cui quella svizzera Finbank, già di proprietà vaticana. Sempre negli stessi anni si affilia alla loggia massonica P2;
1971: Mons. marcinkus (americano) diventa segretario della banca vaticana, celebre la sua frase "Si può vivere in questo mondo senza preoccuparsi del denaro? La Chiesa non si dirige con l'Avemaria";
1971: Sindona presenta a Marcinkus un altro banchiere: Roberto Calvi del Banco Ambrosiano. nel frattempo Sindona compra la banca statunitense Franklin le cui partecipazioni finiscono nelle casse del banco Ambrosiano (di Calvi);
1974: il referendum sancisce il divorzio mentre la chiesa aveva finanziato la campagna contro il divorzio;
1974: la Franklin bank è in perdita così come la Banca Privata italiana (prima banca di Sindona) che viene messa in liquidazione dall'avvocato Ambrosoli; Sindona si rifugia all'estero;
1975: Negli usa lo scandalo watergate fa saltare le protezioni a Sindona. Il posto di Sindona in vaticano viene preso da Calvi (banco ambrosiano) che prende le distanze da Sindona;
1978: Sindona non ci sta e parla: ispezione della Banca d'italia al Banco Ambrosiano. Muore Paolo VI protettore del trio Calvi-Marcinkus-Sindona;
1978: Viene eletto Albino Luciano (Giovanni Paolo I) che aveva già avuto dissapori con Marcinkus e Calvi quando col banco Ambrosiano avevano comprato la Banca cattolica del veneto senza interpellare la diocesi;
1978: il giornalista della P2 Mino Pecorelli pubblica un elenco di 21 esponenti vaticani della p2 tra cui Marcinkus, l'allora segretario di stato Villlor ecc. Papa Luciani in un'intervista dichiara di voler far piazza pulita; il giorno dopo viene trovato morto a letto, l'autopsia parlerà di infarto;
1978: Viene eletto Karol Wojtyla che assicura a Marcinkus la continuità della sua azione presso lo IOR (Istituto opere religiose);
1979: per Sindona però la situazione è irreversibile, organizza l'omicidio di Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata Italiana (di sua propietà);